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In occasione della Giornata Internazionale del Teatro, abbiamo incontrato Gian Maria Talamo per rivivere le emozioni che ha portato negli anni a Positano grazie al suo impegno per il teatro.
Gianmaria, cosa rappresenta per te il teatro?
Il teatro per me è tutto. Ho cominciato a recitare a 13 anni con “La bottega del teatro” a Positano, e da allora non ho mai smesso di pensare al teatro, programmare e sognare di fare spettacoli.
Ho frequentato l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio d’ Amico e ho svolto la professione di attore fino al 1998. Ma, paradossalmente, proprio quando per forza di cose ho dovuto cambiare mestiere e ho cominciato a dirigere l’hotel di famiglia, la passione e la necessità di fare teatro è letteralmente esplosa in me, grazie anche all’incontro e al sodalizio con Enzo De Lucia.
Ho capito che non c’era il bisogno di farlo per professione. Io avrei fatto teatro in ogni angolo, spazio e momento possibile. A prescindere dai guadagni, dai permessi e dai patrocini.
- Quali sono le esperienze teatrali che ti sono rimaste dentro?
Durante la mia vita professionale, ricordo con estremo piacere il Festival di Todi e, soprattutto, il Mittel Festival di Cividale del Friuli di cui ricordo la rappresentazione del Barbablù di Trakl dove ci alternavamo con una compagnia austriaca. Un incontro di storie e di culture fantastico! E poi ricordo con particolare emozione il teatro da tavolo che avevamo inventato io e Pina Irace a Roma.
Durante il mio percorso passionale avvenuto a Positano, non posso non mettere al primo posto i “Quartieri Aperti”.
In quelle occasioni, io ed Enzo De Lucia siamo riusciti a raccontare ai turisti le storie e le emozioni di ogni quartiere di Positano e lo abbiamo fatto “utilizzando” solo positanesi, rendendo così ogni evento unico e irripetibile.
Non è un caso che dopo i “Quartieri Aperti” sia nata la Compagnia teatrale abusiva de “I Murattori”, il gruppo di musica popolare “i Tammore” e Romolo Ercolino, con il frutto delle sue ricerche fatte per i “Quartieri Aperti” abbia ricavato materiale sufficiente per scrivere tre libri: Positano città verticale, Essad Bey: scrittore azerbaigiano a Positano e Positano Sacra. Perché quando si fa teatro si lavora per creare, mai per distruggere.
Delle realtà nate in seguito ai Quartieri Aperti, “i Murattori” hanno visto un tuo impegno in prima linea. Cosa ha significato per te questa esperienza?
Sono stati anni bellissimi. Eravamo una compagnia amatoriale, ma non siamo mai stati filodrammatici. A nostro modo, abbiamo fatto teatro di ricerca. Non abbiamo mai messo in scena De Filippo o spettacoli natalizi. Non perché fosse sbagliato, per carità… ma perché eravamo alla ricerca di territori nuovi. Siamo stati allo Ionio Jazz Festival di Faggiano, abbiamo recitato a Milano, a Napoli. Riusciamo a far diventare teatro le pagine criptiche di Benito Ruggiero.
Ci siamo anche impegnati in prima linea contro la Camorra con lo spettacolo “I delitti esemplari” di Enzo de Lucia e abbiamo denunciato le nostre idee attraverso numerosi spettacoli contro la pena di morte e contro il femminicidio, ricevendo il plauso di Renzo Rossellini al Premio Rossellini di Maiori.
Eravamo una compagnia abusiva nel senso che eravamo liberi e indipendenti e questa ricchezza è rimasta dentro ad ognuno di noi. Un proverbio argentino dice: “nessuno potrà toglierci il tango che abbiamo appena ballato” e ogni volta che ci incontriamo leggo questa frase negli occhi di tutti i Murattori.
- Il teatro quindi come sperimentazione…
Penso che sia giusto che chi faccia teatro in modo amatoriale si prenda anche la libertà di cercare nuove forme.
È stata molto interessante anche la collaborazione con Marianna Casola e Maria Gargiulo, dove abbiamo provato ad inserire delle vere e proprie incursioni teatrali all’interno di concerti di musica classica. Anche questa è stata una bellissima esperienza tutta positanese.
- Eravate tutti positanesi anche nell’ultimo spettacolo che ti ha visto come regista. Com’è nata questa rappresentazione?
L’artefice di questa messa in scena è stato Nello Buongiorno che ha chiamato me, Enzo De Lucia, Paolo Marrone, Maria Gargiulo… per mettere in scena le splendide opere di Guido Cataldo.
È stato emozionante tornare a lavorare tutti insieme e soprattutto incontrare nuovamente il mio maestro Gaetano Stella.
Usi spesso la parola emozione…
Certo, si vive per questo! Fare teatro vuol dire emozionarsi. Sono fortunato perché conservo tanti ricordi dentro di me. È stato bellissimo e molto emozionante anche il periodo della collaborazione con l’istituto comprensivo di Positano che è culminato con il nostro incontro con Pietro Fusco.
Un talento eccezionale, un ragazzo dall’intelligenza sorprendente che non smetteremo mai di piangere.
foto: Lorenzo San